Marchalanda: a Londra le Americhe ritrovate prima di Cristoforo Colombo
Durante un'asta a Londra, nel 1998, viene messo in vendita un manoscritto di Sotheby’s che, apparentemente, contiene i primi quattro libri del "Chronicon maius", opera del frate domenicano Galvano Fiamma. Tuttavia dietro si nasconde una storia inaspettata: il volume è in realtà un libro inedito, scritto in latino, dallo stesso autore, che si intitola "Cronica universalis", in cui si scopre che nel 1340 circa, prima di Cristoforo Colombo, alcuni italiani già sapevano dell'esistenza delle Americhe. Sapevano che dopo l'Atlantico c'erano altre Terre.
Il frate, che visse a Milano tra il 1200 e il 1300, racconta in questo libro, di cui esiste un'unica copia, appartenente ad una collezione privata, che oltre la Groenlandia si trovavano altre terre, che menziona come "Marckalada" o "Marchalanda". I nomi, chiaramente, riprendono il termine "Markland", uno dei nomi che diedero i vichinghi alle nuove terre incontrate esplorando l'Atlantico.
Secondo Paolo Chiesa, Filologo e Professore dell'Università Statale di Milano, che per primo ha studiato la "Cronica universalis", frate Fiamma viene a sapere dell’esistenza di Marckalada da marinai genovesi che, probabilmente, ne avevavo sentito parlare nel corso dei commerci con l'Europa del Nord. Questa scoperta è stata pubblicata sulla rivista specializzata "Terrae Incognitae" nel 2021, ma ora anche in un recente saggio di Chiesa, intitolato "Marckalada".
Tutta la "recente" vicenda del tomo scritto dal frate domenicano milanese comincia nel 1998: durante un'asta a Londra viene messo in vendita un manoscritto di Sotheby’s che conteneva i primi quattro libri del "Chronicon maius", opera dello stesso Galvano Fiamma di cui stiamo parlando. L'opera viene venduta per circa 42mila dollari ad un compratore anonimo. I volumi hanno attirato subito l'attenzione di un professore di liceo pensionato, appassionato delle opere di Fiamma, un certo Sante Ambrogio Céngarle Parisi. Céngarle da subito ipotizza che il manoscritto di Sotheby’s fosse uno di cui si erano perse le tracce, uno che nel '700 era custodito dai monaci della Basilica di Sant' Ambrogio di Milano e che non fosse affatto una copia del "Chronicon maius". A quel punto Céngarle scrive a Sotheby’s per poter confrontarsi con chi avesse comprato il manoscritto e, pur non riuscendo a parlare direttamente col proprietario, trova risposta da un intermediario, che conferma la sua tesi.
Solo nel 2015 subentra in questo affascinante ritrovamento Paolo Chiesa, che, insegnante di Letteratura Latina Medievale e di Filologia Mediolatina presso la Statale di Milano, ha la possibilità di sfogliare il prezioso manoscritto. Il proprietario anonimo gli concede appena un'ora di tempo per consultarlo in una biblioteca privata di New York. Tutto grazie a Cèngarle, che l'aveva messo in contatto con l'intermediario di anni addietro. Qui Chiesa, conoscitore dell'opera di Fiamma, capisce che si trattava di un libro inedito del frate milanese. L'interesse del Professore non si concentrava tanto sulle abilità di scrittore del frate (reputato a tratti poco attendibile e capace di fare dei collage di altre opere storiche, spesso sulla sola Milano), quanto più sulla scoperta dell'inedito, a cui fa delle foto per ogni sua pagina (156 in tutto).
Il libro di Fiamma è scritto in latino medievale, complesso da interpretare, quindi Chiesa coinvolge alcuni studenti per tradurlo. La rivelazione avviene nel 2019: la studentessa di Lettere Classiche Giulia Greco trova una delle due menzioni a Marckalada nelle pagine che le erano state affidate. La parte di manoscritto così dice:
"I marinai che frequentano i mari della Danimarca e della Norvegia dicono che oltre la Norvegia, verso settentrione, si trova l’Islanda. Più oltre c’è un’isola detta Grolandia, dove la Stella Polare resta alle spalle, verso meridione; la governa un vescovo. Lì non c’è né grano né vino né frutti, ma vivono di latte, di carne e di pesce. Abitano in case sotterranee; parlano a bassa voce ed evitano i rumori, per non essere sentiti dagli animali feroci che li sbranerebbero. Lì vivono enormi orsi bianchi, che nuotano nel mare e portano a riva i naufraghi; e lì vivono falchi bianchi dal volo imponente, che vengono mandati all’imperatore dei Tartari nel Catai. E ancora oltre, verso occidente, c’è una terra chiamata Marckalada. Gli abitanti del posto sono dei giganti: esistono edifici di pietre così grosse che nessun uomo sarebbe in grado di metterle in posa, se non grandissimi giganti. Lì si trovano alberi verdi, animali e moltissimi uccelli. Però non c’è mai stato nessun marinaio che sia riuscito a sapere con certezza notizie su questa terra e sulle sue caratteristiche".
Uno dei tratti peculiari del passaggio è che questa volta frate Fiamma non cita esplicitamente altri autori, non riprende pezzi di altri volumi, come era solito fare, ma si limita a dire che "i marinai dicono...".
Un riferimento palese a "Markland", che compare in testi più antichi e si riferisce alle terre ad ovest della Groenlandia. Precisamente un riferimento al termine che compare per la prima volta nella "Saga dei groenlandesi" di Erik il Rosso, due raccolte di storie medievali islandesi, che si basano su fatti reali, inizialmente trasmesse per via orale e trascritte in Norreno intorno al '200. Galvano Fiamma però non aveva a disposizione i testi e non è nota l'esistenza di opere in Latino, diffuse in Italia, che all'epoca parlassero di Markalada.
L' ipotesi quindi è che il frate ne fosse venuto a conoscenza da alcuni marinai, o da qualcuno che aveva parlato con dei marinai, dato che nella "Cronica universalis" si fa riferimento ad alcuni viaggiatori provenienti dall'Etiopia che arrivano a Genova nel 1313 circa e parlano con un prete che trascrive tutti i loro racconti. Purtroppo il testo del prete è perduto, ma è plausibile che Galvano Fiamma lo abbia citato o inglobato nel suo libro.