JN.1: l’ombra della nuova variante di COVID sul Natale
I tassi di positività stanno di nuovo aumentando ora che iniziamo a socializzare di più in vista del Natale. L'inizio della stagione festiva potrebbe riportare a picchi di COVID visti nelle precedenti festività natalizie.
La variante JN.1 si sta diffondendo e la UK Health Security Agency l'ha sottocategorizzata il 4 Dicembre a causa della sua mutazione della proteina spike e della "crescente prevalenza nei dati del Regno Unito e internazionali".
JN.1 è una sottocategoria della variante Omicron BA.2.86. È stata identificata per la prima volta in Lussemburgo in Agosto, prima di diffondersi negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia e in altri Paesi. Il suo progenitore è stato individuato per la prima volta in Danimarca a Luglio, con i primi casi di BA.2.86 che sono comparsi nel Regno Unito ad Agosto.
JN.1 ha una mutazione, rispetto a BA.2.86, nella sua proteina spike; essa determina quanto facilmente può infettare le nostre cellule. Gli ultimi dati, fino al 21 Novembre, mostrano che si tratta della variante a crescita più rapida nel Regno Unito, con un vantaggio di crescita settimanale dell'84%. Una percentuale molto alta se pensiamo che il suo progenitore BA.2.86 è al 23% e JD.1.1 (sottovariante XBB) è al 22%.
Al 4 Dicembre, si contano solo 302 casi sequenziati di JN.1 nel Regno Unito e 3.618 globalmente, ma la professoressa di Immunità Innata presso l'Università di Cambridge, Clare Bryant, afferma che con tutta probabilità sarà la variante più comune.
Bryant descrive le varie mutazioni in JN.1 come "interessanti", comprese alcune mai viste dalla varianti Alpha e Beta nel 2020 e 2021. Le modifiche potrebbero significare che JN.1 sfugga più facilmente ai nostri sistemi immunitari e si replichi più velocemente. "Il cambiamento nella proteina spike probabilmente si correla al suo essere più infettiva", aggiunge. Insomma secondo la professoressa ”questo è ciò che ci ha causato più problemi finora, perché non si può controllare qualcosa che è così infettivo”.
La professoressa Sheena Cruickshank, immunologa presso l'Università di Manchester, aggiunge che potrebbe richiedere più tempo per guarire o causare malattie più gravi. Dice: “Una delle mutazioni che sembra avere JN.1 ha il potenziale per aiutarla ad ancorarsi meglio alle cellule, rendendola migliore nell'infezione. […] Questo, unito ai meccanismi di elusione immunitaria, potrebbe rendere difficile per i nostri sistemi immunitari sbarazzarsi di essa”.
Il professor Nicolas Locker, virologo presso l'Istituto Pirbright, afferma, tuttavia, che finora non c'è stata alcuna indicazione di un aumento della gravità della malattia. “Credo che stiamo solo assistendo all'evoluzione naturale del COVID e non penso che ci sia nulla ora di cui dovremmo preoccuparci eccessivamente. […] Questi sono cambiamenti molto piccoli rispetto a quelli tra Omicron e il precedente set di varianti. E non abbiamo visto cambiamenti nei sintomi o nella gravità”. Il professor Locker afferma che un'altra ragione per non preoccuparsi troppo è la protezione vaccinale. I vaccini somministrati come parte dell'attuale programma di richiami sono stati aggiornati per proteggere contro la variante Omicron XBB.1.5, che è stata dimostrato funzionare anche contro il progenitore di JN.1, BA.2.86.
Tuttavia tutti e tre gli scienziati indicano i bassi livelli di vaccinazione come causa di preoccupazione più generale. Ad oggi solo gli over 65, i residenti delle case di cura, gli operatori sanitari e sociali e le persone vulnerabili possono fare il richiamo del vaccino. Tra questi solo circa il 50% accetta di farlo.
I dati più recenti, fino al 5 Dicembre, mostrano un aumento dei casi. Il tasso di positività del 5,4% è arrivato a 6,5%, dopo diverse settimane di costante calo. Un trend inverso che dipende dalla socializzazione al chiuso, fenomeno tipico delle Feste.