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"L’orto americano" (The Backyard) incanta Londra

Il film acclamato alla Biennale di Venezia, ha conquistato anche il pubblico inglese
Scritto da Ann Margaret A.R. il . Pubblicato in Notizie.
orto americano film a Londra

Il festival Cinema Made in Italy London è tornato al BFI Southbank, continuando la sua missione di promuovere il cinema italiano nel Regno Unito. Tra i film proiettati, L’orto americano di Pupi Avati, acclamato alla Biennale di Venezia, ha conquistato anche il pubblico inglese con la sua atmosfera magnetica e inquietante.

Con questa opera, Avati si addentra in un territorio narrativo sospeso tra gotico e noir psicologico, trasformando un’ossessione amorosa in un viaggio nei meandri più oscuri della psiche umana. Ambientato tra la Bologna devastata dalla guerra e il Midwest americano, il film esplora il confine labile tra desiderio e follia, conducendo lo spettatore in una spirale di tensione e mistero.

Al centro della vicenda troviamo Filippo Scotti, che offre un’interpretazione intensa e disturbante, confermando il talento già dimostrato in È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino. Scotti incarna con straordinaria sensibilità il giovane protagonista, un aspirante scrittore dalla mente febbrile e ossessiva, incapace di distinguere tra realtà e proiezioni della propria immaginazione. Il suo volto, capace di oscillare tra dolcezza adolescenziale e inquietante fissità, riflette il disagio interiore del personaggio, immerso in un mondo mentale che lo trascina sempre più a fondo.

L’attore riesce a rendere con grande finezza il progressivo scivolamento del protagonista nella paranoia. Il suo amore per la giovane infermiera americana, più un’idealizzazione che un sentimento reale, si traduce in una tensione crescente, fatta di sguardi, gesti nervosi e un’inquietudine latente. Attraverso silenzi eloquenti e una recitazione misurata, Scotti comunica il senso di alienazione e instabilità che lo separa dal resto del mondo.

Uno degli aspetti più riusciti della sua interpretazione è la capacità di trasmettere il tormento di un amore mai vissuto, ma spinto all’estremo dall’ossessione. Il percorso che va dall’infatuazione alla ricerca disperata, fino alla rivelazione celata dietro il misterioso giardino, è reso con un’intensità emotiva che oscilla dall’estasi all’orrore, dando ulteriore profondità al racconto.

Pupi Avati costruisce intorno al suo protagonista un’atmosfera densa e suggestiva, sottolineata da una fotografia che contrappone la luminosità del sogno americano ai chiaroscuri soffocanti della provincia italiana post-bellica. Il film si inserisce nel solco del gotico padano, ma con una dimensione più internazionale, e la regia valorizza appieno la performance di Scotti, che porta sulle sue spalle il peso emotivo dell’intera narrazione.

In definitiva, L’orto americano è un’opera avvolgente e perturbante, in cui Filippo Scotti si conferma come uno degli attori più promettenti del cinema italiano contemporaneo. La sua capacità di esplorare la fragilità e l’oscurità del personaggio, senza mai scadere nella caricatura, è uno degli elementi più memorabili del film. 

ENGLISH VERSION

"L’orto americano" (The Backyard) enchants London

The film, acclaimed at the Biennale di Venezia, has also won over the English audience

The Cinema Made in Italy London festival has returned to BFI Southbank, continuing its mission to showcase the best of contemporary Italian cinema to UK audiences. Among the films presented, L’orto americano (The Backyard) by Pupi Avati—already acclaimed at the Venice Biennale—has captivated viewers with its haunting and immersive atmosphere.

With this film, Avati ventures into a compelling blend of gothic storytelling and psychological noir, transforming an obsessive love into a harrowing descent into the darkest corners of the human psyche. Set between war-ravaged Bologna and the American Midwest, the narrative explores the fragile boundary between desire and madness, drawing the audience into an escalating spiral of tension and mystery.

At the heart of the story is Filippo Scotti, delivering a gripping and unsettling performance that further cements his reputation as one of Italy’s most promising young actors. Following his breakout role in Paolo Sorrentino’s The Hand of God, Scotti once again demonstrates his ability to portray complex, deeply fractured characters. Here, he plays a young aspiring writer whose feverish, obsessive mind blurs the line between reality and fantasy. His face, oscillating between youthful innocence and eerie intensity, perfectly conveys his character’s inner turmoil as he sinks deeper into a self-created labyrinth of longing and delusion.

Scotti masterfully captures the protagonist’s gradual descent into paranoia. His love for the young American nurse—more an idealized fantasy than a tangible relationship—manifests as an ever-growing tension, conveyed through glances, nervous gestures, and a subtle but persistent sense of unease. Through measured delivery and powerful silences, Scotti embodies the alienation and instability that isolates his character from the world around him.

One of the most striking aspects of his performance is his ability to channel the torment of a love never truly lived yet magnified to dangerous extremes by obsession. The journey from infatuation to desperate pursuit, culminating in the shocking truth hidden beyond the mysterious garden, unfolds with an emotional depth that shifts between ecstasy and horror, adding weight to the film’s psychological complexity.

Avati crafts a dense and evocative atmosphere around his protagonist, with cinematography that contrasts the dreamlike allure of America with the oppressive shadows of post-war rural Italy. While firmly rooted in the tradition of gotico padano, the film carries a more expansive, international scope. Avati’s direction fully supports Scotti’s performance, which serves as the film’s emotional backbone.

Ultimately, The Backyard is a mesmerizing and deeply unsettling work, confirming Filippo Scotti as one of the most compelling talents in contemporary Italian cinema. His ability to navigate his character’s fragility and darkness, without ever resorting to caricature, makes his performance one of the film’s most unforgettable elements.